La parabola artistica di Luigi Santucci (1918-1999) attraversa tutto il Novecento, segnandolo con una ricerca singolare e controcorrente rispetto ai percorsi più battuti. Autore prolifico, che ha spaziato dalla letteratura per l'infanzia al romanzo, dal teatro alla poesie e alla saggistica, Santucci ha confidato in varie occasioni che all'origine della sua vocazione letteraria si trova la particolare fascinazione ricevuta dalla Scrittura: "E' stata la Parola il mio primo amore". Nato e cresciuto nella vivacissima Milano, studente del Liceo classico dei padri gesuiti della sua città, quello di Santucci è, a tutti gli effetti, lo sguardo di un fanciullo: "Penso che la mia vocazione di scrittore nasca dal bisogno di lodare, nel senso in cui ci ammaestrò Francesco d'Assisi. Scrivo per lodare le cose che amo: luoghi, animali, stagioni del tempo e dell'uomo. Scrivo infine per riconoscenza, quasi per sdebitarmi e anche per innamorarmi ancora di più". Un autore la cui scrittura non cessa di sorprendere per una leggerezza che si fa, d'improvviso, scavo profondo e coinvolgente, luce sul mistero e appello irriducibile alla coscienza.
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227 pagine. Fa parte (VIII volume) della raccolta «Quale creatività spirituale a servizio della cultura»- Alla memoria di mons. Cataldo Naro